Ogni vendemmia è diversa dall’altra, te lo dirà chiunque ne abbia fatta più di una. Eppure, quando arriva la stagione in cui si raccolgono le uve, si crea qui in cantina una routine particolare, a scandire le giornate e il lavoro così intenso.

La mattina i soci-vignaioli arrivano in processione. Li vedi in attesa, alcuni coi grappoli in mano, altri con le bottiglie di spremuta d’uva. Fanno la fila come dal dottore, e come dal dottore di paese si scherza, si chiacchiera e s’attende – sembrerebbe quasi di sentire qualcuno arrivare e chiedere: «chi è l’ultimo?». Si spremono le uve, si prepara il succo, e poi uno alla volta ci si presenta da Alessandro Fiorini, l’agronomo che in queste settimane più che mai inizia le sue giornate andando a controllare i vigneti – che ognuno ha le sue caratteristiche particolari. Questo gigante buono ma fermo si affaccia dal piccolo laboratorio vicino a dove vengono raccolte le uve, e lascia entrare un vignaiolo alla volta. Sulla porta c’è appeso il regolamento interno approvato dai soci: si rammentano i premi e le penalità. All’interno una macchina fa il prelievo del mosto, l’analizza nel giro di un minuto o due, e intanto si scommette su dove arriveranno i valori finali: i soci vengono qui per capire se nei prossimi giorni potranno vendemmiare, perché quando arriva la stagione si aspetta che l’uva sia pronta, ma finché non l’autorizza Alessandro Fiorini, non si raccoglie nulla. E fino a quando l’uva non è finalmente in cantina, non si tira il fiato e resta l’apprensione.

Scatto qualche foto – uno dei soci, appena davanti la porta, si toglie il berretto: «Per la foto», ride.

Tutt’attorno ci si prepara per l’arrivo delle uve nel pomeriggio. Dovunque ti giri è un viavai di persone dal passo deciso: tutti sanno dove stanno andando, cosa bisogna fare.

Nel frattempo, nella sala del consiglio Paolo Cagiorgna, l’enologo degusta assieme a Massimo, il cantiniere, i mosti prelevati dalle differenti vasche, per vedere come procede il lavoro. Si affaccia anche Sergio Bucci, il direttore. Si assaggia, ci si confronta. I bianchi hanno un colore giallo verdolino, torbidi come un succo di frutta; profumano di mela, di banana – più che mai il vitigno, preso da sé, si rivela per il carattere che ha. Lo stesso vale per i rossi.

La sosta arriva solo a mezzogiorno. Un tempo ognuno per la pausa pranzo si organizzava da sé, da qualche anno invece si pranza tutti assieme, alla stessa ora. A volte sono gli stessi soci che passando in cantina portano la spesa, offrono il pranzo a chi resta. Presto la tavolata si riempie tutta – chi lavora negli uffici, chi si sta occupando della vendemmia, chi è venuto per un appuntamento e si è fermato pure a pranzo. Un posto in più si trova sempre. Ci si passano i vassoi con le portate preparate dalla bravissima Brunella, si scherza ricordando le vendemmie passate. E presto perdi il conto degli aneddoti. Poi, dopo il caffè, si torna tutti al lavoro.

Dall’una in poi iniziano ad arrivare le uve. Nel parcheggio della cantina sfilano i trattori rimorchiando il prezioso carico. Si posizionano sempre vicino al piccolo ufficio usato per le analisi e da lì il presidente, Benedetto Grechi, sale una piccola gradinata che pare quasi un pulpito. Solo che non si mette a fare chissà quali discorsi – c’è troppo lavoro da fare! Da lì aziona infatti un braccio meccanico che schiaccia l’uva ancora nel rimorchio, ne preleva il succo, e poi attraverso un tubo arriva alla macchina già usata la mattina per le analisi: il vignaiolo di turno entra con lui, s’attende il risultato e poi si stampa su un foglietto: sarà soprattutto sulla base delle analisi fatte in questo momento, che il lavoro di ciascuno sarà retribuito – per il resto c’entra l’attenzione che durante tutto l’anno il vignaiolo ha prestato alle indicazioni del Fiorini.

A quel punto inizia la manovra, s’attende ancora e quando il via libera è dato, ogni vignaiolo rispettando il suo turno riversa in una delle vasche di acciaio inox il carico di uve. La coclea (una sorta di enorme vite) gradualmente spinge questo mare di grappoli verso il termine della vasca, dove gli acini vengono separati dai raspi, e da lì va tutto in pressa. Affacciato alla ringhiera che guarda nella vasca, il vignaiolo segue il fluire lento dei grappoli, finché non scompaiono. Solo a quel punto sposta il trattore col suo rimorchio, pulisce tutto e riparte. Magari ha altra uva da raccogliere nei giorni successivi, magari il suo contributo l’ha dato, e ora si può godere la tranquillità di sapere che l’uva che ha portato è in ottime mani.

E se si gira per le strade attorno a Scansano e si vede un trattore che s’aggira col suo rimorchio pieno, in questi pomeriggi, si può stare ben certi che è diretto qui.